Protocollo di tomografia per la pianificazione della chirurgia ortognatica

L’uso della tomografia computerizzata (TC) è essenziale per la pianificazione della chirurgia ortognatica e se lo specialista si prende particolarmente cura dei dati al momento della loro acquisizione, può avere meno lavoro e maggiore accuratezza nel processo successivo.

Denti uniti

In molte scansioni TC il paziente tocca o sfiora i denti e questo può essere un problema al momento della ricostruzione 3D.

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Esempio di denti uniti nella ricostruzione 3D.

In Figura 1 (Fig. 1) vediamo una mesh che presenta denti antagonisti «incollati», risultato dell’approccio utilizzato dall’algoritmo di ricostruzione 3D.

Un modo per evitare una tale situazione è quello di separare leggermente i denti al momento dell’acquisizione dei dati.

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Denti separati con struttura a bassa densità.

Il paziente può posizionare una struttura in cera tra i denti separandoli leggermente (Fig. 2).

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Visualizzazione della struttura a bassa densità nella tomografia.

La figura 3 (fig. 3) mostra una ricostruzione con l’oggetto in cera che separa i denti.

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Denti derivanti dalla ricostruzione mediante distanza di sicurezza realizzata con la struttura a bassa densità.

Questo permetterà ai denti s»uperiori e inferiori di non fondersi tra loro quando la tomografia viene convertita in una mesh 3D, facilitando così la segmentazione non solo dei denti ma anche della mandibola (Fig. 4).

Denti - Soluzioni per gli artefatti

Un’altro problema che di solito richiede molto lavoro per essere risolto è quello dei cosiddetti artefatti che deformano la regione in cui si trovano, causati dalla presenza di brackets, viti e dispositivi simili.

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Arcata proveniente da un modello (a sinistra) e un’altra ricostruita con la tomografia (a destra).

Un modo per risolvere il problema è la scansione della replica delle arcate in gesso. Nella figura 5 (Fig. 5) vediamo la differenza di risoluzione e l’assenza di artefatti nel secondo molare della replica a sinistra.

Tuttavia, mentre la replica in gesso facilita l’ottenimento di un modello pulito, richiede anche ulteriori fasi di lavoro, oltre alla capacità dell’esperto di evitare bolle d’aria che potrebbero compromettere la qualità superficiale del modello.

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Modelli in gesso e impronte.

Fortunatamente, possiamo usare direttamente l’impronta che è servita come base per la generazione del modello (in viola e arancione nell’immagine sopra) come mostrato in figura 6 (Fig. 6).

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Fasi del passaggio per la conversione da negativo a positivo.

Una volta che le impronte sono state scansionate in tomografia, possiamo ricostruirle in 3D. Il risultato è una mesh che sembra un guscio d’uovo ma a forma di stampo. Per evidenziare i denti basta cancellare la parte che nasconde la struttura dell’arcata (Fig. 7).

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Modello ricostruito da gesso con piccole bolle d’aria (sopra) e modello ricostruito da un negativo senza le bolle (sotto).

Uno dei vantaggi di questo sistema si può vedere nella figura 8 (Fig. 8), dove una replica in gesso digitalizzata (più chiara in alto) è stata confrontata con una derivata da impronta.

È evidente che nella replica in gesso alcune bolle d’aria hanno compromesso la struttura degli incisivi, cosa che non è avvenuta nel modello appena sotto, dato che in questo l’intero dente appare integro.

Importante

Nel caso di repliche di arcate si consiglia l’uso della tomografia a fascio conico (CBCT).

Problemi di importazione della sequenza

OrtogOnBlender offre molte possibilità di importare le mesh da DICOM, ma il sistema non sempre funziona, come nel caso di sezioni contenute in un singolo DICOM. In questo caso l’utente potrebbe aver bisogno di aprire la tomografia in un editor esterno come Slicer, ad esempio.

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DICOM Browser del software Slicer.

Nella Figura 9 (Fig. 9) abbiamo un esempio di tomografia che contiene 9 diverse serie all’interno della sua struttura, ma ne verrà utilizzata una sola.

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Esportazione di una sequenza DICOM in Slicer.

Una volta aperta la sequenza desiderata, l’utente può esportarla in una nuova directory contenente solo le porzioni desiderate, semplicemente usando il comando *Export to DICOM…* (Fig. 10).

Importare file in OrtogOnBlender

Il processo è estremamente semplice e consiste solo nell’impostare la directory tomografica e nell’ordinare la ricostruzione.

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Parametri di ricostruzione della tomografia DICOM.

In alto nella sezione CT-Scan 3D Reconstruction, in CT-Scan Manual Reconstruction l’utente:

  1. Indica la directory dove si trovano i file DICOM (.dcm);
  2. Clicca sul tipo di acquisizione, a seconda che si tratti di tomografia medica (CT-Scan) o di Cone Beam (CBCT);
  3. Clicca su “Convert DICOM to 3D” (Fig. 11).
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Mesh ricostruite secondo i parametri indicati.

Se la procedura è corretta, OrtogOnBlender importerà tre mesh distinte: tessuti molli (pelle e vie aeree), ossa e denti.

Nella figura 12 (Fig. 12) le mesh sono state posizionate una accanto all’altra per evidenziare le differenze.

Come ogni altro software, il sistema non sempre funziona come previsto e può accadere che la ricostruzione non sia adeguata nelle aree desiderate.

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Esempio di parametro incompatibile con la regione desiderata.

Nella Figura 13 (Fig. 13), ad esempio, la ricostruzione del centro che corrisponderebbe alle ossa comprende parte dei tessuti molli.

Ciò accade spesso a causa della differenza tra le librerie software o il modello di scanner CT.

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Impostazione della soglia ( Threshold Range ) in Slicer per l’isolamento del volume previsto.

Fortunatamente, c’è un modo per sapere quale sarà il parametro di ricostruzione necessario. Basta utilizzare l’opzione Threshold Range dell’opzione Slicer Editor. Nell’esempio, il valore è 397 (Fig. 14).

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Parametri corretti per regione di interesse.

In questo modo l’utente riporta il valore ottenuto in «Bone Factor» e genera il modello (Fig. 15).

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Ricostruzione ossea di successo dopo la modifica manuale dei parametri.

Questo assicura la ricostruzione della sola area desiderata (Fig. 16). Il problema dell’artefatto sarà risolto con i modelli delle arcate digitalizzati separatamente.

L’importanza della fotogrammetria

Come discusso in precedenza, nel campo della radiologia ci sono un certo numero di apparecchiature e librerie utilizzate per la generazione di dati digitali. Questa eterogeneità può spesso produrre risultati non in linea con le esigenze dello specialista.

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Esempio di perdita volumetrica su una tomografia a fascio conico.

Nelle scansioni a Cone Beam abbiamo il caso di perdita di dati nella regione che corrisponde alla punta del naso (Fig. 17) o nella regione del condilo.

Se lo specialista sceglie di lavorare sulla previsione della dinamica dei tessuti molli, incontrerà alcuni problemi legati alla mancanza di dati.

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Tomografia con leggera regione mancante sulla punta del naso.

Alla fine il problema si verifica anche nella tomografia medica, come si può vedere nell’esempio di figura 18 (Fig. 18), con un po” di attenzione possiamo attestare che la punta del naso è stata tagliata dal campo di utenza della macchina.

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Ricostruzione 3D con il foro sulla punta del naso.

Questo ha generato un piccolo foro nella parte anteriore del naso (Fig. 19) e in aggiunta a questo problema abbiamo una deformazione cutanea causata dalla presenza di artefatti nei denti, nonché un’altra deformazione causata dalla posizione del paziente (sdraiato) e dall’azione della gravità sui tessuti molli al momento dell’acquisizione dei dati.

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Confronto tra la fotogrammetria (a sinistra) e la ricostruzione tomografica (a destra).

Il modello generato dalla fotogrammetria risolve i problemi di superficie fornendo dati complementari come la tessitura cutanea e non subisce deformazioni gravitazionali in quanto il paziente viene fotografato in piedi (Fig. 20).

Per ulteriori informazioni sulla scansione dei volti, leggere attentamente: Protocollo di fotogrammetria facciale.

Ringraziamenti

Un ringraziamento particolare va al Dr. Luciano Porto che ha collaborato a questa pubblicazione, fornendo uno dei tomografi, la fotogrammetria facciale e le foto del procedimento, provenienti dai suoi studi con OrtogOnBlender.